Pensate
mai alla vostra vita? Vi capita di riflettere a lungo sui vostri
sogni? Siete per caso quel genere di persona che vede un lavoro, un
mutuo, la famiglia e gli amici come il massimo appagamento dei propri
desideri? Vi ritrovate in quel genere di persona che attende due
settimane di ferie all’anno per poter fare una cosa che adora e
passa il resto del tempo a pensare a cosa farà quando avrà di nuovo
due settimane libere? Pensate mai ad una felicità che possa essere
diversa da quella che nella nostra società è considerata la
normalità?
Avete
una testa che vi manda in crisi quando pensate a “Come
cazzo è possibile che a un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30
da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a
forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere
contro il traffico per finire in un posto dove essenzialmente fai un
sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato
per l'opportunità di farlo?”.
Siete
quel genere di persone che trovano il coraggio di fare quello che
veramente gli piace? Siete in grado di rinunciare alla quotidiana
normalità di un’esistenza quasi obbligata, per scegliere di fare,
nell’unica vita che avete a disposizione, quel che veramente vi
rende felici?
Alcune persone lo fanno. Alcuni fanno delle scelte non
troppo con i piedi per terra e vivono senza pensare minimamente al
futuro, forse pensando che quando, per qualsiasi motivo, non potranno
più fare quel che vogliono, ci sarà sempre una famiglia, un
amico o
uno stato che li assisterà. Altre persone, più realiste, scelgono
di piantare qualche seme per il
futuro
e poi di vivere la vita che sognano.
Oggi
voglio raccontarvi una storia, la storia di una famiglia che ha
scelto di considerare
la vita un viaggio e vivere responsabilmente un’esperienza che la
maggior parte delle famiglie di oggi considererebbero un sogno
irrealizzabile.
È
la storia della famiglia Goodwin: papà
Aamion, mamma Daize e i piccoli Given e True. Insieme,
per 18 mesi, hanno viaggiato in giro per il mondo, visitando 6
continenti e conoscendo 17 paesi. Hanno percorso 132 mila km in volo
e 16 mila km sulla terra utilizzando 22 diversi mezzi di trasporto.
Originari delle Hawaii, surfisti, Aamion e Daize in compagnia dei
loro figli hanno
scelto di provare a chiamare il mondo casa
seguendo la filosofia del
less is more:
meno
è di più, sottrarre per aggiungere, alleggerirsi per liberarsi.
L’idea
arriva da Aamion che da piccolo fece
un’esperienza
simile con il padre visitando l’Australia e le isole Fiji.
Insieme alla
sua compagna Daize,
che come Aamion, non si sentiva tagliata per la vita proposta dalla
società, sono partiti con i loro bimbi per un’avventura senza
biglietto di ritorno prestabilito.
A Kauai
hanno una casa dove poter tornare in qualsiasi momento, nel mondo
hanno luoghi dove poter vivere
giorno
dopo giorno. Nel loro ultimo viaggio
la
famiglia è stata accompagnata dal regista Jess Bianchi e dalla sua
troupe con il fine di creare un documentario. Il registra ha
dichiarato che l’intento del film è quello di ispirare le persone
a distruggere ciò che le blocca nella vita, indirizzandosi a coloro
che si sentono inadatti alla vita ordinaria mostrandogli che esiste
un modo completamente differente di vivere. Il
titolo del film è Given perché è proprio dalla prospettiva del
piccolo che Bianchi ha deciso di raccontare questa storia: “Ho
chiesto a mio papà perché ce ne stavamo andando, e lui mi ha
risposto che era ciò che aveva fatto con suo papà. Mi ha detto che
nei primi anni della vita assorbiamo tutto ciò che abbiamo
intorno. Mi ha detto che questo era il momento giusto per imparare”,
questo l’incipit di Given.
In
un mondo che corre, frenetico e veloce, rallenta e vedrai molte più
cose. Le
ragioni del viaggio sono molteplici, è difficile trovare un unico
perché, tra le tante Daize dice di aver voluto sviluppare insieme ai
suoi figli l’amore per l’apprendimento, scoprendo quanto il mondo
sia un luogo grande e meraviglioso. “Il viaggio non è stato tutto
rose e fiori –
racconta Daize -
ma siamo tutti qui, ancora vivi, siamo tutti più cresciuti e siamo
diventati persone migliori. Ciascuno di noi deve attraversare momenti
di prova per diventare migliore. Fintanto che i ragazzi sono al
sicuro, felici e fanno esperienze di vita piena, credo sia il più
grande successo”.
A
leggere la storia di questa famiglia non si ha mai la sensazione che
siano degli sprovveduti, non viene mai in testa che siano degli
incoscienti. Sembrano semplicemente e
coraggiosamente felici.
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