Quella che vi racconto oggi è una storia, assurda e tristemente reale.
Avete mai sentito parlare di Colonia Dignidad? Forse vi è più nota con il nome di Villa Baviera, una azienda agro-turistica situata a 350 km circa da Santiago del Cile, immersa nel verde, attraversata da un fiume azzurro, ricca di fiori e case con i tetti spioventi, un albergo e un ristorante, quest’ultimo fiore all’occhiello dell’azienda ottimamente recensito su tripadvisor. Oggi un piccolo angolo turistico di Baviera all’interno del Cile, ma fino a pochi anni fa un lager chiamato Colonia Dignidad. Si, avete letto bene, un campo di prigionia che fino agli anni Novanta, per trent’anni, è stato teatro di tristezza e privazione!
Colonia Dignidad è un luogo dove si sono mescolati orrori, crudeltà, pedofilia, violenza e follia. Creato nel 1961, con il nome di Sociedad benefactoria y educacional dignidad, ad opera del tedesco Paul Schäfer, Colonia Dignidad diventerà fin da subito una sorta di setta nella quale manipolare fedeli e torturare oppositori del regime di Pinochet.
Il guru fondatore fu un ex infermiere della Wehrmacht, seguace dell'apocalittica setta cristiana di William Branham, che già nel 1954 a Siesburg, vicino a Bonn, aveva dato vita alla Missione sociale privata, un’organizzazione basata sul lavoro non retribuito dei suoi sostenitori e autofinanziata con la vendita di generi alimentari in essa prodotti. Pochi anni dopo però Schäfer fu accusato di abusi su bambini e, per non farsi arrestare, decise di scappare insieme ai suoi fedeli in Cile.
Così, a 35 km a sud est di Parral, nella regione del Maule, ha inizio la storia di Colonia Dignidad, un’enclave di 16 mila ettari con una sistema di vita basato sulla repressione, sull’isolamento e sul controllo interno. Infatti se inizialmente Colonia Dignidad sembrava esclusivamente un rifugio per nazisti, in realtà era una comunità fondata sullo schiavismo, sul ritorno all’agricoltura, basata su regole ferree e lontana dal mondo contemporaneo. Una setta religiosa all’interno della quale, per “volere di Dio” impersonato dal profeta Paul Schäfer, uomini e donne (se ne arrivarono a contare 300) venivano separati, privati della possibilità di fare sesso e costretti ai lavori forzati. La concezione di famiglia non poteva esistere tant’è che anche i bambini venivano allontanati dai genitori, già dall’età di 3 mesi. Solo il tedesco con l’occhio di vetro poteva avere “rapporti” con loro; infatti questi ultimi, dopo aver lavorato 15 ore al giorno nei campi, facevano il bagno insieme a lui e li venivano obbligati prima a masturbarlo e poi a lasciarsi penetrare. La corrente sui testicoli era una delle punizioni per chi cercava di opporsi.
«Aveva un modo suadente di farci credere che quello che facevamo con lui era giusto, che era la Bibbia a permetterlo […] Schäfer ci convinceva che soltanto lì dentro ci fosse il bene e il mondo fuori fosse peccato. Non ci insegnava lo spagnolo né avevamo la tv, era vietato uscire e uno dei pochi momenti sociali erano le prediche in cui spiegava la Bibbia, o meglio la sua interpretazione perché a noi proibiva di leggerla» racconta Efraín Veuhoff, cileno che a due mesi fu portato all’Ospedale per un’influenza e vi rimase fino all’età adulta. Infatti per far crescere la sua comunità il profeta, che era considerato un benefattore, avendo creato un ospedale pediatrico per i bisognosi ed una scuola, reclutava bambini dalle famiglie povere dei dintorni che decidevano di affidare a lui i loro figli per farli studiare all’interno di una società che dall’esterno sembrava perfetta nonché un modello esistenziale per tutti. A tal proposito è emblematica la testimonianza di Franz Bäar, un cileno che all’età di 10 anni, quando ancora si chiamava Francisco del Carmen Morales Norambuena, per scappare dalla estrema povertà in cui si trovava chiese di farsi internare a Colonia Dignidad sperando di poter così scappare al freddo e alla fame. Erano gli anni Sessanta, e subito dopo aver perso la sua identità, smise di poter vedere la sua famiglia e iniziò a parlare esclusivamente tedesco. Dopo poco più di un anno già aveva capito che stare a Colonia Dignidad era un’alternativa peggiore della povertà. Un giorno del 1969 furono perse le chiavi del dormitorio nel quale dormiva e fu accusato di essere il responsabile. Il risultato fu che otto gerarchi insieme a Schäfer, cominciarono a frustarlo brutalmente con cavi elettrici spessi diversi centimetri. Svenne molte volte, perse la nozione del tempo, non ricorda quanto sia durato, ricorda che si fermarono quando uno degli aggressori si accorse e informò gli altri che la camicia di Bäar era intrisa di sangue.
Dopo il pestaggio lo portarono dentro l'ospedale della colonia, un luogo più simile a un manicomio criminale che ad un luogo di salute. In questo luogo rimase per 30 lunghi anni durante i quali subì innumerevoli elettroshock e fu drogato più e più volte. “Ero un porcellino d’India” racconta Franz, “sentivo scorrere il liquido nelle vene e nel collo”.
Ma l’enclave di Colonia Dignidad non rappresenta il mondo a sé stante di una setta, al contrario questo luogo si collega strettamente alla storia dei desaparecidos cileni, stretti furono infatti i suoi rapporti con il regime di Pinochet e con la DINA (la polizia segreta di cilena), rapporti che crearono con il tempo una macchina infernale nella quale si compirono crimini atroci dai quali in pochi, ma veramente pochi, riuscirono a scappare. Oltre che essere utilizzata come campo di tortura per i prigionieri politici del regime, la colonia faceva affari con il governo cileno vendendo armi e sperimentando, ovviamente sui prigionieri, nuovi gas da utilizzare per l’eliminazione dei dissidenti. Al motto di “il lavoro è culto offerto da Dio” i coloni lavoravano tutto il giorno, senza pause e con scarsa alimentazione. Per difendere l’enclave da visite inaspettate e per evitare fughe da parte dei coloni fu costruito un sistema di protezione che proibiva la possibilità di entrata e uscita se non sotto stretto controllo: a Colonia Dignidad si entrava ma raramente si usciva.
Wolfgang Kneese, tedesco che da ragazzo si iscrisse alla Missione Sociale Privata e fece parte del gruppo di fedeli che seguì Schäfer in Cile con il sogno di creare un mondo nuovo fondato sulla parola di Dio e sul sacrificio, fu la prima persona, che riuscì a fuggire dalla struttura, al terzo tentativo, e quindi a denunciare, abusi, torture e schiavitù compiute a Colonia Dignidad. Era il 1966.
Nel 1977 Amnesty International denunciò, prima fra tutti, il legame tra la DINA e Colonia Dignidad ma senza ottenere risultati. Nel 1980 anche il Washington Post si occupò della vicenda pubblicando un articolo sulla città lager. Ma bisognerà attendere altri 17 anni prima di veder liberati i prigionieri e chiusi definitivamente i cancelli di Colonia Dignidad.
Non è ancora chiara la complicità della Germania in questa vicenda e neanche da quale fonte arrivassero le ingenti somme di cui disponeva la struttura, si presume che, oltre che dalla collaborazione con il governo repressivo di Pinochet, provenissero dall’Operazione Odessa, l’organizzazione preposta al salvataggio dei criminali nazisti alla fine della seconda guerra mondiale. Solo di recente Angela Merkel ha autorizzato il processo di desecretazione dei documenti che riguardano la setta, la pressione pubblica è stata talmente forte che ha infatti spinto la cancelliera tedesca ad anticipare di dieci anni la desecretazione e questo aiuterà anche a capire il ruolo dell’ambasciata tedesca in Cile. A tal proposito l’ex ministro degli esteri tedesco Frank Steinmeier, ora Presidente della Repubblica Federale Tedesca, ha dichiarato che “La gestione di Colonia Dignidad non è stata un capitolo glorioso del ministero degli Esteri (…) Per molti anni, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, i diplomatici tedeschi hanno volto lo sguardo dall’altra parte e hanno fatto molto poco per proteggere i nostri cittadini in questa comune”.
Nel 1996 il governo cileno tolse la personalità giuridica a Colonia, costringendo nel 1997 Schäfer a smettere di praticare le sue sevizie e scappare. Fu arrestato il 10 marzo 2005 in Argentina dove si nascondeva da otto anni con la figlia adottiva e morì nel 2010 in un carcere cileno mentre scontava 33 anni per abuso sessuale, omicidio e deposito d’armi. Schäfer si è sempre proclamato innocente.
N.B. Se vi interessa approfondire l'argomento consiglio di andare a cercare il sito della Asociación por la Memoria y los Derechos Humanos Colonia Dignidad e consiglio la visione del film Colonia, attraverso il quale il registra tedesco Florian Gallenberger ha ricostruito questa triste storia.
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