“Il
buio oltre la siepe” di Harper Lee
Tempo di lettura: 4
minuti
A
differenza di chi me lo aveva descritto come un “mattone” per
dire che la lettura mi sarebbe risultata pesante, devo ammettere che
per me Il buio oltre la siepe non si è rivelato
particolarmente ostico. Da subito devo però precisare che non mi ha
lasciato particolari emozioni o ricordi e, a distanza di tre mesi
dalla lettura, ho anche qualche difficoltà a scriverne una
recensione che susciti curiosità e voglia di acquistarlo. Non
intendo in alcun modo criticarlo, dal momento che tratta una tematica
ancora, purtroppo, estremamente attuale, il razzismo; allo stesso
tempo mi discosto un po' dalla massa non sentendomela di farlo
rientrare nella classifica delle mie letture più significative. Il
buio oltre la siepe può sicuramente trovare la sua collocazione
ideale nella categoria dei romanzi di formazione, quelli che a scuola
dovrebbero far parte del programma obbligatorio. Prendere tra le mani
queste pagine porta a confrontarsi con la paura dello sconosciuto,
riflettere sulla forza dei pregiudizi, valutare la forza
dell'emarginazione del diverso, prendere coscienza delle ingiustizie
compiute contro esseri umani, “colpevoli” di avere un colore
della pelle diverso dal bianco.
Tutto
il racconto è affidato alla piccola Scout che descrive, con
semplicità e innocenza, la vita di una cittadina del sud America,
Maycomb, negli anni trenta.
Uno
dei punti di forza del romanzo è sicuramente la scelta di affidare
il racconto ad una bambina di nove anni, lontana dalle convenzioni e
priva di strutture mentali già confezionate, scelta ottima in quanto
permette di trattare con delicatezza un tema così impegnativo quale
quello della diversità.
Il
titolo originale è “To kill a mockingbird”, che
letteralmente andrebbe tradotto in “Come uccidere un
merlo/usignolo”, trasformato nella traduzione italiana in Il
buio oltre la siepe.
Per
quanto attiene al significato del titolo originale si fa riferimento
al mockingbird/merlo come animale innocuo, uccidere un merlo è
un peccato perché non fa male a nessuno. Tutto il romanzo si
sviluppa proprio su questo concetto, con il fine di mostrare come
l'avversione contro ciò che non fa male sia insensata, inutile e
dannosa, i pregiudizi infatti conducono verso il rischio di
“uccidere un merlo”.
Tornando
alla differenza tra il titolo originale e la traduzione italiana,
mentre nel titolo originale l'immagine del merlo si riferisce a Tom
Robinson, il personaggio di pelle nera che nel romanzo viene
ingiustamente accusato e condannato per uno stupro non commesso,
nella traduzione italiana, il buio oltre la siepe, si fa riferimento
a Boo Radley il personaggio vicino ma sconosciuto, temuto,
chiacchierato, incompreso, indecifrabile, che vive al di là della
siepe, quest’ultima rappresenta appunto la separazione, l’ostacolo
tra due mondi attigui.
Il
tema del pregiudizio è in quest’opera narrato attraverso la storia
di tre diversi personaggi, proprio per descrivere le tre diverse
forme che il pregiudizio può assumere.
Attraverso
la storia di Tom Robinson, bracciante nero che viene accusato
ingiustamente di aver molestato una ragazza bianca, Lee mostra la la
prima sfaccettatura, quella del razzismo.
“Perché poi i cosiddetti benpensanti diventino pazzi furiosi
quando succede qualcosa in cui è implicato un nero, è una cosa che
ho rinunciato a capire”.
Per mezzo di Arthur “Boo” Radley, l’autrice racconta il
pregiudizio che la maggioranza ha nei confronti dei “diversi”,
ossia di quelle persone che vivono una vita differente da quella che
la collettività definisce normale e che per tale motivo vengono
discriminate.
C’è poi il signor Dolphus Raymond, un uomo bianco, qualificato
dalla popolazione della cittadina come un ubriacone cattivo, il quale
convive con una donna nera trattandola al pari di una donna bianca.
Impossibile non citare al riguardo la conversazione tra lui e la
piccola Scout:
“Ma
perché fa così?” - “Così come?… Ah, vuoi dire perché faccio
finta di bere? Bé, è molto semplice, a molta gente non piace … il
modo in cui vivo. Potrei anche mandarli al diavolo dicendo: me ne
infischio se a voi non piace il mio modo di vivere; ma mi limito ad
infischiarmene senza mandarli al diavolo. Capito?” - “Nossignore”
- “In altre parole, cerco di dare loro una buona ragione per
criticarmi. Vedete, la gente si sente meglio se può attaccarsi a
qualche valida scusa. Quando vengo in città, cosa che accade di
rado, se mi vedono barcollare e bere da questo sacchetto, possono
dire che Dolphus Raymond è ubriaco, e per questo si comporta così…
Che se vive come vive è perché non può proprio farne a meno.” -
“Ma non è onesto, signor Raymond, fingere di essere peggio di quel
che si è...” - “ Non è onesto, ma per la gente va bene. Sia
detto tra noi, io non sono un vero bevitore, ma gli altri non
potrebbero mai capire che vivo come vivo solo perché mi piace.”
Personalmente,
come già suggerito sopra, penso che questo romanzo possa trovare il
suo posto ideale nelle biblioteche delle scuole medie. È un'opera
interessante, sicuramente ben scritta, che affronta temi impegnati ma
che tende ad essere un po piatta in tutta la prima parte, che svela
il suo perché nella parte finale del libro, che forse nella sua
parte iniziale tende a perdersi in racconti poco attinenti al tema
centrale. L'insegnamento che vuole lasciare è comunque degno di lode
e assolutamente da apprezzare.
P.S.
Avete presente la famosa citazione “Fino al giorno in cui mi
minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la
lettura: si ama, forse, il proprio respiro?”, ecco, è proprio
in questo libro a p. 25, che troverete la sua fonte.
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