A volte fa più male avere una Bibbia in mano piuttosto che una bottiglia di Whisky

Il buio oltre la siepe” di Harper Lee

Tempo di lettura: 4 minuti

A differenza di chi me lo aveva descritto come un “mattone” per dire che la lettura mi sarebbe risultata pesante, devo ammettere che per me Il buio oltre la siepe non si è rivelato particolarmente ostico. Da subito devo però precisare che non mi ha lasciato particolari emozioni o ricordi e, a distanza di tre mesi dalla lettura, ho anche qualche difficoltà a scriverne una recensione che susciti curiosità e voglia di acquistarlo. Non intendo in alcun modo criticarlo, dal momento che tratta una tematica ancora, purtroppo, estremamente attuale, il razzismo; allo stesso tempo mi discosto un po' dalla massa non sentendomela di farlo rientrare nella classifica delle mie letture più significative. Il buio oltre la siepe può sicuramente trovare la sua collocazione ideale nella categoria dei romanzi di formazione, quelli che a scuola dovrebbero far parte del programma obbligatorio. Prendere tra le mani queste pagine porta a confrontarsi con la paura dello sconosciuto, riflettere sulla forza dei pregiudizi, valutare la forza dell'emarginazione del diverso, prendere coscienza delle ingiustizie compiute contro esseri umani, “colpevoli” di avere un colore della pelle diverso dal bianco.
Il libro fu scritto nel 1960 e regalò il premio Pulizer alla sua autrice Harper Lee, scrittrice statunitense nata in Alabama, medesima ambientazione della storia, da padre avvocato.
Tutto il racconto è affidato alla piccola Scout che descrive, con semplicità e innocenza, la vita di una cittadina del sud America, Maycomb, negli anni trenta.
Uno dei punti di forza del romanzo è sicuramente la scelta di affidare il racconto ad una bambina di nove anni, lontana dalle convenzioni e priva di strutture mentali già confezionate, scelta ottima in quanto permette di trattare con delicatezza un tema così impegnativo quale quello della diversità.
Il titolo originale è “To kill a mockingbird”, che letteralmente andrebbe tradotto in “Come uccidere un merlo/usignolo”, trasformato nella traduzione italiana in Il buio oltre la siepe.
Per quanto attiene al significato del titolo originale si fa riferimento al mockingbird/merlo come animale innocuo, uccidere un merlo è un peccato perché non fa male a nessuno. Tutto il romanzo si sviluppa proprio su questo concetto, con il fine di mostrare come l'avversione contro ciò che non fa male sia insensata, inutile e dannosa, i pregiudizi infatti conducono verso il rischio di “uccidere un merlo”.
Tornando alla differenza tra il titolo originale e la traduzione italiana, mentre nel titolo originale l'immagine del merlo si riferisce a Tom Robinson, il personaggio di pelle nera che nel romanzo viene ingiustamente accusato e condannato per uno stupro non commesso, nella traduzione italiana, il buio oltre la siepe, si fa riferimento a Boo Radley il personaggio vicino ma sconosciuto, temuto, chiacchierato, incompreso, indecifrabile, che vive al di là della siepe, quest’ultima rappresenta appunto la separazione, l’ostacolo tra due mondi attigui.
Il tema del pregiudizio è in quest’opera narrato attraverso la storia di tre diversi personaggi, proprio per descrivere le tre diverse forme che il pregiudizio può assumere.
Attraverso la storia di Tom Robinson, bracciante nero che viene accusato ingiustamente di aver molestato una ragazza bianca, Lee mostra la la prima sfaccettatura, quella del razzismo.
Perché poi i cosiddetti benpensanti diventino pazzi furiosi quando succede qualcosa in cui è implicato un nero, è una cosa che ho rinunciato a capire”.
Per mezzo di Arthur “Boo” Radley, l’autrice racconta il pregiudizio che la maggioranza ha nei confronti dei “diversi”, ossia di quelle persone che vivono una vita differente da quella che la collettività definisce normale e che per tale motivo vengono discriminate.
C’è poi il signor Dolphus Raymond, un uomo bianco, qualificato dalla popolazione della cittadina come un ubriacone cattivo, il quale convive con una donna nera trattandola al pari di una donna bianca. Impossibile non citare al riguardo la conversazione tra lui e la piccola Scout:
Ma perché fa così?” - “Così come?… Ah, vuoi dire perché faccio finta di bere? Bé, è molto semplice, a molta gente non piace … il modo in cui vivo. Potrei anche mandarli al diavolo dicendo: me ne infischio se a voi non piace il mio modo di vivere; ma mi limito ad infischiarmene senza mandarli al diavolo. Capito?” - “Nossignore” - “In altre parole, cerco di dare loro una buona ragione per criticarmi. Vedete, la gente si sente meglio se può attaccarsi a qualche valida scusa. Quando vengo in città, cosa che accade di rado, se mi vedono barcollare e bere da questo sacchetto, possono dire che Dolphus Raymond è ubriaco, e per questo si comporta così… Che se vive come vive è perché non può proprio farne a meno.” - “Ma non è onesto, signor Raymond, fingere di essere peggio di quel che si è...” - “ Non è onesto, ma per la gente va bene. Sia detto tra noi, io non sono un vero bevitore, ma gli altri non potrebbero mai capire che vivo come vivo solo perché mi piace.”
Personalmente, come già suggerito sopra, penso che questo romanzo possa trovare il suo posto ideale nelle biblioteche delle scuole medie. È un'opera interessante, sicuramente ben scritta, che affronta temi impegnati ma che tende ad essere un po piatta in tutta la prima parte, che svela il suo perché nella parte finale del libro, che forse nella sua parte iniziale tende a perdersi in racconti poco attinenti al tema centrale. L'insegnamento che vuole lasciare è comunque degno di lode e assolutamente da apprezzare.


P.S. Avete presente la famosa citazione “Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?”, ecco, è proprio in questo libro a p. 25, che troverete la sua fonte.   

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