“Tina”
di Pino Cacucci
Tempo di lettura: 7 minuti
La recensione che scrivo oggi è frutto di una seconda lettura a
distanza di tanti anni. Infatti le presentazioni tra me e Tina
Modotti sono avvenute circa 8 anni fa, lo stesso giorno nel quale ho
fatto conoscenza con Pino Cacucci. A presentarci è stato, mio
fratello, colui che fin da piccola mi ha sommersa di libri per
aiutarmi a coltivare la passione per la lettura e per nutrirmi di
conoscenza. Non ho memoria di un libro che mi abbia regalato che non
fosse stato scelto con cura o che non sia riuscito a creare nuovi
scomparti di riflessione nella mia testa.
Avete mai sentito parlare di Tina Modotti? Lascio la parola a Pablo
Neruda che ce la presenta nel giorno della sua morte, il 5 gennaio
1942.
Tina Modotti, sorella, tu
non dormi, no, non dormi: forse
il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l'ultima rosa di ieri,
la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella. La
nuova rosa è tua, la nuova terra è tua: ti sei messa una nuova
veste di semente profonda e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella. Puro è il tuo dolce nome, pura la tua
fragile vita: di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma, d'acciaio,
linea, polline, si è fatta la tua ferrea, la tua delicata struttura.
Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato ancora protende
la penna e l'anima insanguinata come se tu potessi, sorella,
risollevarti e sorridere sopra il fango. Nella mia patria ti porto
perché non ti tocchino, nella mia patria di neve perché alla tua
purezza non arrivi l'assassino, né lo sciacallo, né il
venduto:laggiù starai tranquilla. Non odi un passo, un passo pieno
di passi, qualcosa di grande dalla steppa, dal Don, dalle terre del
freddo? Non odi un passo fermo di soldato nella neve? Sorella, sono i
tuoi passi. Verranno
un giorno sulla tua piccola tomba prima
che le rose di ieri si disperdano, verranno a vedere quelli d'una
volta, domani, là dove sta bruciando il tuo silenzio. Un mondo
marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella. Avanzano ogni giorni i
canti della tua bocca nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore. Nelle vecchie cucine della tua patria,
nelle strade polverose, qualcosa si mormora e passa, qualcosa torna
alla fiamma del tuo adorato popolo, qualcosa si desta e canta. Sono i
tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome, quelli che da
tutte le parti, dall'acqua, dalla terra, col tuo nome altri nomi
tacciamo e diciamo. Perché non muore il fuoco.
Non è la glorificazione né
la crocifissione quella che fa Cacucci ma un racconto, un racconto di
una vita che vale la pena di essere narrata.
La storia inizia con
l’omicidio di Julio Antonio Mella, il grande amore della Modotti,
assassinato a revolverate nel ‘29 mentre è a braccetto di Tina per
le strade di Città del Messico.
Tina Modotti all’anagrafe
Assunta Adelaide Luigia Modotti, classe 1896, udinese di nascita,
cittadina del mondo per tutta la vita. Figlia di Giuseppe Modotti
muratore di idee socialiste che per mantenere la famiglia si trova
costretto ad emigrare negli Stati Uniti. Tina lo raggiungerà all’età
di 17 anni per lavorare ma anche, forse, per dimenticare, infatti
secondo un’informativa della questura del 1929, Tina si sarebbe
prostituita per mantenere la famiglia. Forse è vero che Tina
concesse il suo corpo per aiutare la famiglia, ma è anche vero che a
quei tempi, sotto il fascismo, le autorità locali cercavano di
denigrare in qualunque modo la famiglia nell’interesse di
presentarli come antifascisti, quindi privi di qualsiasi principio
morale.
Il 22 giugno 1923 Tina arriva
a San Francisco, dove inizierà a lavorare fin da subito come sarta
in una fabbrica di camicie. Attorno a lei crescono e si consolidano i
grandi movimenti sindacali dell’epoca. San Francisco inoltre si
distingue da qualsiasi altra città per i fermenti culturali e
artistici che la percorrono. Nel 1915 conosce Roubaix de l’Abrie
Richey, che tutti chiamano Robo, pittore e poeta che due anni dopo
diventerà suo marito. Tina approda anche nel mondo di Hollywood,
comparendo in quale pellicola muta, ma sarà solo una piccola
parentesi. Descritta come flessuosa, dalle curve soavi, l’andatura
lenta e armoniosa, occhi di un nero ardente, Tina si lascerà
sfiorare dal cinema senza però farsene coinvolgere totalmente: tutto
le interessa e niente la soddisfa. E così sarà per tutta la vita.
Chiusa la parentesi da
attrice, Tina approccia alla fotografia dopo aver conosciuto Edward
Weston, affermato fotografo, anche lui sposato e con figli. Tra i due
nascerà l’amore e diventeranno amanti. Nel mentre Robo, il marito
di Tina, si trasferirà in Messico, la terra per gli estremi, il
paradiso della creatività come lui stesso lo definì. Muore il 9
febbraio del 1922, nello stesso momento in cui Tina sta attraversando
la frontiera diretta a Città del Messico.
In Messico Tina farà amicizia
con numerosi artisti e militanti del Partito comunista, Diego Rivera,
Vladimir Majakovskij, Xavier Guerrero, solo per citarne alcuni.
Personalità importanti che avranno ruoli fondamentali nelle scelte
di Tina. Cacucci ce li presenta tutti, per questo motivo il libro non
è solo la storia di Tina.
Rimasta sola dopo il ritorno
di Weston in California, Tina si dedica anima e cuore alla fotografia
con la sua nuova Graflex, che sostituisce la Korona. Combatte a lungo
contro l’esaltazione della sua immagine a discapito della sua
professionalità. Così come a Hollywood venne ingaggiata e elogiata
per le sue doti estetiche, anche in Messico continua ad essere
osannata più per la sua bellezza che per il suo lavoro di fotografa.
Le mani per Tina sono l’origine del mondo, creano ogni cosa,
trasmettono alla materia lo spirito che emana dal cuore. Volti,
corpi, miseria e dignità, Tina si concentra sul popolo, aprendo la
strada al Reportage sociale. Ma anche questa, come tutte le sue
passioni, verrà ad un certo punto accantonata. Tina infatti continua
a fotografare, per mantenersi, ma dedica sempre meno tempo alla
scoperta di immagini.
Di quegli anni è inquietante la descrizione
che il poeta Kenneth Rexroth da di lei:
C’è un caffè dove si
mescolano politici pistoleri, criminali comuni, toreri, puttane e
attrici di terz’ordine. Il personaggio più sensazionale di tutti è
una fotografa e modella, nonché prostituita d’alto bordo e Mata
Hari del Comintern, Tina Modotti…
In Tina inizia a crescere una
nuova passione, quella per la politica. È il 1927 quando si iscrive
al Partito Comunista, ed inizia ad occuparsi della traduzione di
articoli per El Machete, giornale nato come espressione di artisti e
scrittori rivoluzionari, ormai trasformato in giornale di partito con
contenuti e toni direttamente emanati dal Comintern. È forse a
Xavier Guerrero, che approcciò alla militanza al fine di sottrarre
il Messico alla dottrina Monroe che riduceva il Centro America al
cortile di casa degli Stati Uniti, che Tina dovette la scelta di
occuparsi attivamente di politica. Fu infatti il rispetto e
l’attrazione per quell’uomo (furono fidanzati per un periodo) ad
ispirare l’avventura politica di Tina.
Nello stesso anno Tina fa la
conoscenza di Vittorio Vivaldi, classificato dall’Ovra come agente
operativo della Gpu bolscevica, ma che in Messico si fa chiamare
Carlos Contreras. Vivaldi è stato inviato in Sud America per
sostenere i fedelissimi di Stalin e costringere allo scoperto
qualsiasi forma di opposizione. Di quegli anni anche l’incontro con
il cubano Julio Antonio Mella, del quale Tina, anzi Tinissima come la
chiamava Mella, si innamorerà e per il quale lascerà Xavier
Guerrero. È attraverso Mella che Cacucci ci catapulta all’interno
dello scontro tra Stalin e Trockij, quest’ultimo profondamente
ammirato da Mella anche se non apertamente. Sarà il desiderio di
Mella di creare le basi per insurrezione a Cuba, fortemente
osteggiato dal Comintern, a lasciare pochi spazi ai dubbi ed ad
alimentare la tensione tra il cubano e Mosca. Tensione ben chiarite
dalle parole rivoltegli da Vidali:
“Non te lo scordare mai,
che dall’Internazionale si esce solo in due modi… o espulsi, o
morti!”
All’interno di una storia
che per le prime 84 pagine sembra ambientata in un mondo
completamente maschile, appare ad un certo punto un’altra figura di
sesso femminile, non una figura qualunque: Frida Kahlo.
Pittrice
onirica e dal surrealismo intriso di quella messicanità che irride
alla morte con macabra ironia, Frida dipinge autoritratti dove il suo
volto dal sorriso enigmatico sovrasta un corpo, lacerato, sdoppiato
fra realtà opprimente e simbolismo liberatorio, in cui la bellezza
della propria nudità afferma il primato sullo scempio di un busto di
gesso e una protesi per la gamba claudicante.
Tra le due nascerà
un’amicizia che però terminerà nel momento dell’espulsione di
Rivera, nel mentre diventato marito di Frida, dal partito.
In una vita che sembra fatta
di parentesi che si aprono velocemente e altrettanto velocemente si
chiudono, Tina apre l’ennesima parentesi. Espulsa dal Messico con
l’accusa di essere una dei mandanti intellettuali dell’attentato
al presidente Pascual Ortiz Rubio, si troverà costretta a
trasferirsi a Berlino.
Sono qui da dieci giorni, e
non ho ancora visto il sole . Per una che viene dal Messico, il
cambiamento è duro...Ma so di dover dimenticare il sole, i cieli
azzurri, e ogni altro incanto del mio Messico, per adattarmi a questa
nuova realtà, e ricominciare, per l’ennesima volta, una nuova vita
dal principio…
La parentesi berlinese si
chiuderà comunque presto, nel 1930, nello stesso momento in cui Tina
terminerà la sua esperienza da fotografa per trasferirsi a Mosca,
chiudendosi sempre più in se stessa e lavorando a pieno regime per
il Partito. Lavora attivamente per il Soccorso Rosso in varie
missioni all’estero, prevalentemente nel continente europeo, sempre
al fianco di Vivaldi, sia lavorativamente che sentimentalmente. Gli
anni passano e la giovane Tina diventa grande, forse più consapevole
e pian piano la sua fiducia incondizionata verso il partito viene
meno, lasciando il posto a rassegnazione e tristezza. Rientrata in
Messico, con il permesso delle autorità, Tina abbandonerà man mano
l’attività politica per ritirarsi a vita privata, con la sola
compagnia di un cane e un gatto. Lavorerà come traduttrice per
mantenersi e non rinnoverà la tessera del partito.
Spenta, sfinita,
inesorabilmente triste e silenziosa, spezzata dalla delusione per un
ideale che il potere ha trasformato in follia paranoide […].
La solitudine dell’ultimo
periodo si rifletterà anche nella sua morte. Tina muore sola il 5
gennaio del 1942 all’età di 46 anni, si trovava dentro un taxi
quando la colpì la morte. I giornali, che ritengono si tratti di
tipica eliminazione stalinista, parlano di morte per avvelenamento e
i sospetti ricadono proprio su Vidali, che era a cena con Tina prima
della sua morte e che non si presenterà neanche ai funerali. Non
verrà aperto nessun fascicolo relativo al caso Modotti, il quale
verrà chiuso con la spiegazione di un attacco cardiaco. Tina verrà
sepolta sotto le parole di Pablo Neruda:
Tina,
hermana, no duermes, no, no duermes… Tal vez, tu corazón
oye crecer la rosa de ayer, la ultima rosa… Descansa dulcemente,
hermana… Puro es tu dulce nombre, pura es tu frágil
vida… de sombra, fuego, nieve, silencio...
Tina Modotti rimarrà un
mistero, anche dopo aver letto questa biografia, una donna che cambia
a seconda degli occhi di chi la guarda. Lei stessa, forse, non riuscì
a capirsi.
[…] quando penso al
dolore che ti causerò, mi sento un essere mostruoso e crudele. […]
Altre volte mi vedo come una vittima della fatalità, trascinata da
una forza occulta che decide della mia vita senza che io possa
oppormi.
Una figura enigmatica che a me
non ha nutrito particolare simpatia ma che non mi ha lasciata
totalmente indifferente. Il libro è interessante, una via di mezzo
tra una biografia e un racconto storico che non vi terrà con il
fiato sospeso ma che alla fine vi lascerà sensazioni ambigue come
ambigua è la sua protagonista. A mio avviso vale la pena conoscere
la storia di Tina, affinché ognuno se ne possa fare un’idea.
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