Fotografia di una vita.


“Tina” di Pino Cacucci

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La recensione che scrivo oggi è frutto di una seconda lettura a distanza di tanti anni. Infatti le presentazioni tra me e Tina Modotti sono avvenute circa 8 anni fa, lo stesso giorno nel quale ho fatto conoscenza con Pino Cacucci. A presentarci è stato, mio fratello, colui che fin da piccola mi ha sommersa di libri per aiutarmi a coltivare la passione per la lettura e per nutrirmi di conoscenza. Non ho memoria di un libro che mi abbia regalato che non fosse stato scelto con cura o che non sia riuscito a creare nuovi scomparti di riflessione nella mia testa.
Avete mai sentito parlare di Tina Modotti? Lascio la parola a Pablo Neruda che ce la presenta nel giorno della sua morte, il 5 gennaio 1942.

Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella. La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua: ti sei messa una nuova veste di semente profonda e il tuo soave silenzio si colma di radici. Non dormirai invano, sorella. Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita: di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma, d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea, la tua delicata struttura. Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato ancora protende la penna e l'anima insanguinata come se tu potessi, sorella, risollevarti e sorridere sopra il fango. Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino, nella mia patria di neve perché alla tua purezza non arrivi l'assassino, né lo sciacallo, né il venduto:laggiù starai tranquilla. Non odi un passo, un passo pieno di passi, qualcosa di grande dalla steppa, dal Don, dalle terre del freddo? Non odi un passo fermo di soldato nella neve? Sorella, sono i tuoi passi. Verranno un giorno sulla tua piccola tomba prima che le rose di ieri si disperdano, verranno a vedere quelli d'una volta, domani, là dove sta bruciando il tuo silenzio. Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella. Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca nella bocca del popolo glorioso che tu amavi. Valoroso era il tuo cuore. Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade polverose, qualcosa si mormora e passa, qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo, qualcosa si desta e canta. Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome, quelli che da tutte le parti, dall'acqua, dalla terra, col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo. Perché non muore il fuoco.
Non è la glorificazione né la crocifissione quella che fa Cacucci ma un racconto, un racconto di una vita che vale la pena di essere narrata.
La storia inizia con l’omicidio di Julio Antonio Mella, il grande amore della Modotti, assassinato a revolverate nel ‘29 mentre è a braccetto di Tina per le strade di Città del Messico.
Tina Modotti all’anagrafe Assunta Adelaide Luigia Modotti, classe 1896, udinese di nascita, cittadina del mondo per tutta la vita. Figlia di Giuseppe Modotti muratore di idee socialiste che per mantenere la famiglia si trova costretto ad emigrare negli Stati Uniti. Tina lo raggiungerà all’età di 17 anni per lavorare ma anche, forse, per dimenticare, infatti secondo un’informativa della questura del 1929, Tina si sarebbe prostituita per mantenere la famiglia. Forse è vero che Tina concesse il suo corpo per aiutare la famiglia, ma è anche vero che a quei tempi, sotto il fascismo, le autorità locali cercavano di denigrare in qualunque modo la famiglia nell’interesse di presentarli come antifascisti, quindi privi di qualsiasi principio morale.
Il 22 giugno 1923 Tina arriva a San Francisco, dove inizierà a lavorare fin da subito come sarta in una fabbrica di camicie. Attorno a lei crescono e si consolidano i grandi movimenti sindacali dell’epoca. San Francisco inoltre si distingue da qualsiasi altra città per i fermenti culturali e artistici che la percorrono. Nel 1915 conosce Roubaix de l’Abrie Richey, che tutti chiamano Robo, pittore e poeta che due anni dopo diventerà suo marito. Tina approda anche nel mondo di Hollywood, comparendo in quale pellicola muta, ma sarà solo una piccola parentesi. Descritta come flessuosa, dalle curve soavi, l’andatura lenta e armoniosa, occhi di un nero ardente, Tina si lascerà sfiorare dal cinema senza però farsene coinvolgere totalmente: tutto le interessa e niente la soddisfa. E così sarà per tutta la vita.
Chiusa la parentesi da attrice, Tina approccia alla fotografia dopo aver conosciuto Edward Weston, affermato fotografo, anche lui sposato e con figli. Tra i due nascerà l’amore e diventeranno amanti. Nel mentre Robo, il marito di Tina, si trasferirà in Messico, la terra per gli estremi, il paradiso della creatività come lui stesso lo definì. Muore il 9 febbraio del 1922, nello stesso momento in cui Tina sta attraversando la frontiera diretta a Città del Messico.
In Messico Tina farà amicizia con numerosi artisti e militanti del Partito comunista, Diego Rivera, Vladimir Majakovskij, Xavier Guerrero, solo per citarne alcuni. Personalità importanti che avranno ruoli fondamentali nelle scelte di Tina. Cacucci ce li presenta tutti, per questo motivo il libro non è solo la storia di Tina.
Rimasta sola dopo il ritorno di Weston in California, Tina si dedica anima e cuore alla fotografia con la sua nuova Graflex, che sostituisce la Korona. Combatte a lungo contro l’esaltazione della sua immagine a discapito della sua professionalità. Così come a Hollywood venne ingaggiata e elogiata per le sue doti estetiche, anche in Messico continua ad essere osannata più per la sua bellezza che per il suo lavoro di fotografa. Le mani per Tina sono l’origine del mondo, creano ogni cosa, trasmettono alla materia lo spirito che emana dal cuore. Volti, corpi, miseria e dignità, Tina si concentra sul popolo, aprendo la strada al Reportage sociale. Ma anche questa, come tutte le sue passioni, verrà ad un certo punto accantonata. Tina infatti continua a fotografare, per mantenersi, ma dedica sempre meno tempo alla scoperta di immagini. 
Di quegli anni è inquietante la descrizione che il poeta Kenneth Rexroth da di lei:
C’è un caffè dove si mescolano politici pistoleri, criminali comuni, toreri, puttane e attrici di terz’ordine. Il personaggio più sensazionale di tutti è una fotografa e modella, nonché prostituita d’alto bordo e Mata Hari del Comintern, Tina Modotti…
In Tina inizia a crescere una nuova passione, quella per la politica. È il 1927 quando si iscrive al Partito Comunista, ed inizia ad occuparsi della traduzione di articoli per El Machete, giornale nato come espressione di artisti e scrittori rivoluzionari, ormai trasformato in giornale di partito con contenuti e toni direttamente emanati dal Comintern. È forse a Xavier Guerrero, che approcciò alla militanza al fine di sottrarre il Messico alla dottrina Monroe che riduceva il Centro America al cortile di casa degli Stati Uniti, che Tina dovette la scelta di occuparsi attivamente di politica. Fu infatti il rispetto e l’attrazione per quell’uomo (furono fidanzati per un periodo) ad ispirare l’avventura politica di Tina.
Nello stesso anno Tina fa la conoscenza di Vittorio Vivaldi, classificato dall’Ovra come agente operativo della Gpu bolscevica, ma che in Messico si fa chiamare Carlos Contreras. Vivaldi è stato inviato in Sud America per sostenere i fedelissimi di Stalin e costringere allo scoperto qualsiasi forma di opposizione. Di quegli anni anche l’incontro con il cubano Julio Antonio Mella, del quale Tina, anzi Tinissima come la chiamava Mella, si innamorerà e per il quale lascerà Xavier Guerrero. È attraverso Mella che Cacucci ci catapulta all’interno dello scontro tra Stalin e Trockij, quest’ultimo profondamente ammirato da Mella anche se non apertamente. Sarà il desiderio di Mella di creare le basi per insurrezione a Cuba, fortemente osteggiato dal Comintern, a lasciare pochi spazi ai dubbi ed ad alimentare la tensione tra il cubano e Mosca. Tensione ben chiarite dalle parole rivoltegli da Vidali:
Non te lo scordare mai, che dall’Internazionale si esce solo in due modi… o espulsi, o morti!”
All’interno di una storia che per le prime 84 pagine sembra ambientata in un mondo completamente maschile, appare ad un certo punto un’altra figura di sesso femminile, non una figura qualunque: Frida Kahlo.
Pittrice onirica e dal surrealismo intriso di quella messicanità che irride alla morte con macabra ironia, Frida dipinge autoritratti dove il suo volto dal sorriso enigmatico sovrasta un corpo, lacerato, sdoppiato fra realtà opprimente e simbolismo liberatorio, in cui la bellezza della propria nudità afferma il primato sullo scempio di un busto di gesso e una protesi per la gamba claudicante.
Tra le due nascerà un’amicizia che però terminerà nel momento dell’espulsione di Rivera, nel mentre diventato marito di Frida, dal partito.
In una vita che sembra fatta di parentesi che si aprono velocemente e altrettanto velocemente si chiudono, Tina apre l’ennesima parentesi. Espulsa dal Messico con l’accusa di essere una dei mandanti intellettuali dell’attentato al presidente Pascual Ortiz Rubio, si troverà costretta a trasferirsi a Berlino.
Sono qui da dieci giorni, e non ho ancora visto il sole . Per una che viene dal Messico, il cambiamento è duro...Ma so di dover dimenticare il sole, i cieli azzurri, e ogni altro incanto del mio Messico, per adattarmi a questa nuova realtà, e ricominciare, per l’ennesima volta, una nuova vita dal principio…
La parentesi berlinese si chiuderà comunque presto, nel 1930, nello stesso momento in cui Tina terminerà la sua esperienza da fotografa per trasferirsi a Mosca, chiudendosi sempre più in se stessa e lavorando a pieno regime per il Partito. Lavora attivamente per il Soccorso Rosso in varie missioni all’estero, prevalentemente nel continente europeo, sempre al fianco di Vivaldi, sia lavorativamente che sentimentalmente. Gli anni passano e la giovane Tina diventa grande, forse più consapevole e pian piano la sua fiducia incondizionata verso il partito viene meno, lasciando il posto a rassegnazione e tristezza. Rientrata in Messico, con il permesso delle autorità, Tina abbandonerà man mano l’attività politica per ritirarsi a vita privata, con la sola compagnia di un cane e un gatto. Lavorerà come traduttrice per mantenersi e non rinnoverà la tessera del partito.
Spenta, sfinita, inesorabilmente triste e silenziosa, spezzata dalla delusione per un ideale che il potere ha trasformato in follia paranoide […].
La solitudine dell’ultimo periodo si rifletterà anche nella sua morte. Tina muore sola il 5 gennaio del 1942 all’età di 46 anni, si trovava dentro un taxi quando la colpì la morte. I giornali, che ritengono si tratti di tipica eliminazione stalinista, parlano di morte per avvelenamento e i sospetti ricadono proprio su Vidali, che era a cena con Tina prima della sua morte e che non si presenterà neanche ai funerali. Non verrà aperto nessun fascicolo relativo al caso Modotti, il quale verrà chiuso con la spiegazione di un attacco cardiaco. Tina verrà sepolta sotto le parole di Pablo Neruda:
Tina, hermana, no duermes, no, no duermes… Tal vez, tu corazón oye crecer la rosa de ayer, la ultima rosa… Descansa dulcemente, hermana… Puro es tu dulce nombre, pura es tu frágil vida… de sombra, fuego, nieve, silencio...
Tina Modotti rimarrà un mistero, anche dopo aver letto questa biografia, una donna che cambia a seconda degli occhi di chi la guarda. Lei stessa, forse, non riuscì a capirsi.
[…] quando penso al dolore che ti causerò, mi sento un essere mostruoso e crudele. […] Altre volte mi vedo come una vittima della fatalità, trascinata da una forza occulta che decide della mia vita senza che io possa oppormi.
Una figura enigmatica che a me non ha nutrito particolare simpatia ma che non mi ha lasciata totalmente indifferente. Il libro è interessante, una via di mezzo tra una biografia e un racconto storico che non vi terrà con il fiato sospeso ma che alla fine vi lascerà sensazioni ambigue come ambigua è la sua protagonista. A mio avviso vale la pena conoscere la storia di Tina, affinché ognuno se ne possa fare un’idea.

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