“La banda degli
amanti” di Massimo Carlotto
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Noir
Mediterraneo, conoscete questo genere? Se la risposta è si Massimo
Carlotto non ha bisogno di presentazioni. Ma se la risposta dovesse
essere negativa allora sappiate che ci accingiamo a parlare
dell'esponente italiano più importante di questa corrente letteraria
o, per riprendere il termine che usa lo stesso Carlotto, di questa
“percezione”.
Piccola
precisazione: Il noir mediterraneo è una sorta di sottogenere del
più noto noir, l'intento degli autori che vi si approcciano è
quello di raccontare eventi sociali, politici, economici che si
sviluppano nei territori che si affacciano sul Mediterraneo,
mettendone in risalto gli aspetti meno poetici e idilliaci, ma
soprattutto evidenziando i contrasti tra la bellezza dei luoghi e la
brutalità dei crimini che vi vengono perpetrati. Si suol dire che
questo genere sia figlio del giornalismo d'inchiesta, perché
spietato, lucido, serio, ma, a differenza di quest'ultimo, immune
dall'essere sottoposto a questioni giudiziarie.
Bene,
Massimo Carlotto è noir mediterraneo in Italia, così come Jean
Claude Izzo è noir mediterraneo in Francia.
Per
parlavi del maestro italiano inizierò raccontandovi il suo penultimo
romanzo, “La banda degli amanti”, precisando che la scelta non è
dettata dall'importanza dell'opera ma dal fatto che è l'ultima ad
essermi passata tra le mani. Carlotto è una di quelle figure che da
tempo accompagnano la mia esperienza da lettrice, dal giorno in cui,
dodici anni fa, mio fratello mi mise tra le mani “Perdasdefogu” e
mi suggerì di leggerlo, Massimo Carlotto è entrato a pieno regime
nella lista degli autori che consiglio a chiunque mi chieda
suggerimenti per le proprie letture. Vogliate perché è
obiettivamente bravo nel maneggiare la penna e tratta un genere non
semplice, vogliate perché la sua storia personale, roccambolesca e
surreale, mi ha incuriosita e appassionata, vogliate perché,
nonostante sia padovano ha stretti legami con la mia amata Sardegna
(ed è proprio a Cagliari che sono ambientate le prime pagine di quest'opera), insomma, qualunque
sia il motivo, è uno dei pochi scrittori italiani a cui sono
affezionata.
Dopo
una serie di elogi è arrivato il momento di parlare del suo difetto
ricorrente, la brevità dei suoi libri. Magari per altri potrà
sembrare una benedizione avere a che fare con opere che non superano
le duecento pagine, ma per me è un problema serio. I suoi testi sono
decisamente troppo brevi, fosse per me dovrebbe smettere di essere
tirchio e aggiungere almeno duecento pagine ad ogni sua opera, ma
probabilmente ci sono difficoltà a strappare un buon prezzo sulle
risme di carta, oppure nasconde a tutti la sua forte propensione
ecologista. Sta di fatto che se andassi in libreria e trovassi un
libro di cinquecento pagine firmato Carlotto penserei subito ad uno
scherzo. Comunque la sua scarsa propensione ai testi troppo lunghi
non è sinonimo di siccità di idee e contenuti, al contrario
evidenzia la sua capacità di riuscire in poche pagine a catapultare
il lettore nel mondo da lui descritto, senza il bisogno di premesse
e lunghi preamboli.
La
banda degli amanti è il penultimo (l'ultimo è “Per tutto l'oro
del mondo”, uscito lo stesso anno, 2015, ma pochi mesi dopo) dei
romanzi della saga dell'Alligatore, quest'ultima ad oggi vanta una
raccolta di 9 titoli, da leggere tutti assolutamente.
Ecco
un piccolo assaggio dello stile di Carlotto:
“C'è
una storiella che mi è sempre piaciuta moltissimo, di un tizio che
si ritrova legato a un albero. Viene soccorso da un automobilista di
passaggio a cui racconta di aver vissuto una giornata pazzesca perché
il destino si è accanito contro di lui procurandogli una sventura
dietro l'altra. L'ultima, l'aggressione di un rapinatore che non solo
lo aveva ripulito dell'auto e dei suoi averi ma lo aveva pure
immobilizzato con una corda. Il soccorritore ascolta in silenzio, poi
sorridendo gli dice che gli dispiace molto, si slaccia i pantaloni e
lo inchiappetta.”
La
prima cosa da dire su queste 195 pagine è che finalmente ritorna
l'Alligatore, detective, privo di
licenza, inventato da Massimo Carlotto e protagonista dell'omonima
saga. Ci troviamo ancora nell'Italia del nord-est, nel mondo sporco e
corrotto che si cela dietro a grandi uomini d'affari e a mediocri
delinquenti. Prostituzione, corruzione, impunità, mafia, tradimenti,
sequestri, omicidi, questi i temi che compongono lo scheletro del
romanzo. Per tutta l'opera si ha la sensazione che Carlotto voglia
mettere l'attenzione su un tema estremamente caldo, l'assenza di
giustizia.
Mi è piaciuta la scelta, ben riuscita, di cambiare l'io narrante nei
vari capitoli, saltando dall'occhio di Buratti a quello di
Pellegrini. Lo scrittore padovano anche questa volta mostra la
capacità di dipingere i suoi personaggi con grande maestria,
raccontandoci il loro carattere, le loro abitudini, con una semplicità di linguaggio che in pochi sanno
utilizzare.
Un
tempo attendevo il sonno con scorpacciate di televendite. Ora la
civiltà televisiva offriva di meglio, il voyeurismo sulla povertà
della grande America. Il messaggio era sempre lo stesso: “Fottetevi.
Tocca a voi pagare i costi della crisi”.
Vorrei potervi dire che è un opera entusiasmante, con la quale
Carlotto si supera e che vi terrà con il fiato sospeso, purtroppo
però non potrò farlo. Non considero questo lavoro della saga
dell'Alligatore al pari dei suoi precedenti. Certo ben scritto, con
spunti di riflessione interessanti, ma senza una trama avvincente e
privo di un finale curato con attenzione (probabile che l'intenzione
sia quella di preparare il terreno per un prossimo lavoro che vi si
colleghi). Il testo riesce a far passare qualche ora piacevolmente,
ma non ha la capacità di rimanere impresso nella memoria. Lascia un
po l'amaro in bocca, dando l'impressione di essere una ripetizione di
storie già scritte, ma soprattutto di essere fatto più per la casa
editrice che per i lettori e per se stesso.
Il testo comunque conferma quanto sia forte e ben riuscito il
personaggio dell'Alligatore (Marco Buratti), che per qualche anno era
stato messo da parte, sollecitando, come racconta in molte interviste
lo stesso Carlotto, l'ira dei lettori più affezionati. È da
evidenziare anche la scelta curiosa di far incontrare tre personaggi
come Pellegrini, l'Alligatore e Campagna, protagonisti nel passato di
storie diverse ed uniti in questa opera.
Nel complesso se dovessi stilare una classifica delle opere meglio
riuscite di Carlotto, “la banda degli amanti” non rientrerebbe
nei primi dieci titoli, restringendo poi il campo alla saga
dell'Alligatore non si aggiudicherebbe neanche il podio, ma forse
proprio il posto numero otto che occupa ora per ordine di uscita. Il
problema di fondo è che Massimo è in competizione con se stesso, se
fosse uno scrittore emergente sarebbe semplice dare numerose stelline
all'opera e incoraggiare lavori futuri, ma essendo un veterano che
vanta opere di grande successo, da lui non possiamo che aspettarci
ogni volta di più. Restiamo quindi in attesa che Carlotto ritrovi la
giusta ispirazione per poter ritornare a dargli pieni voti.
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