Lipstick in Afghanistan traduzione romanzo, stile Harmony, in Americanistan.


Le ragazze di Kabul” di Roberta Gately

Tempo di lettura: 3 minuti

È un libro da leggere? Ni.
Partiamo dalle ragioni del no perché i meno da assegnare a questo romanzo non sono pochi.
La trama, elemento essenziale, è decisamente scontata. Elsa, giovane infermiera americana, decide di partire volontaria in Afghanistan, quasi contemporaneamente all’attacco terroristico alle torri gemelle di New York. Nel piccolo villaggio di Bamiyan, si scontrerà con una realtà completamente diversa da quella a cui era abituata, farà amicizia con persone autoctone, si innamorerà di un giovane soldato americano e vissero tutti felici e contenti.
Alcune vicende, come per esempio la motivazione che spinge Elsa ad offrirsi volontaria per partire con Aide du Monde, toccano il limite della banalità.
Il titolo italiano non ha alcun legame con la storia dal momento che non si parla di ragazze di Kabul, ma al massimo di ragazze a Bamiyan. Kabul viene praticamente solo nominata qua e là. Non capisco quale ostacolo sia stato riscontrato in fase di traduzione visto che il titolo originale "Lipstick in Afghanistan" (Rossetto in Afghanistan) era semplice e molto più fedele al contenuto della storia .
La cosa peggiore però è la tragica impostazione filoamericana. Che fatica leggere un libro che descrive, più e più volte, gli americani come angeli caduti dal cielo per portare progresso e pace. Che fatica.
Quando i vostri soldati sono scesi dal cielo è proprio qui che sono atterrati. Con i paracadute bianchi che si gonfiavano sopra le loro teste, eravamo sicuri che fossero angeli mandati da Allah, e alcuni lo credono ancora.
Queste le cose peggiori del libro.
Sulla scrittura posso dirvi che mi viene da associarla a quella di Fabio Volo. Decidete voi se questo rappresenti un pregio oppure un difetto.
Passiamo ora ai più e quindi alle note positive. Il romanzo offre spunti di riflessione su un paese del quale tutti continuiamo a sapere poco e quel poco che sappiamo spesso non è totalmente corretto. Apprezzabili i racconti della condizione della donna in Afghanistan, del suo ruolo all’interno della famiglia e della società. Come un po' succede con tutti i libri che trattano l’argomento, è interessante riflettere sull’emancipazione della donna e sul difficile e lungo cammino che una parte dell’umanità deve ancora percorrere.
Non dispiace anche la parte dedicata alla seconda protagonista del romanzo, la giovane, coraggiosa e testarda Parween, attraverso la quale si fa qualche riferimento alla condizioni di occupazione e guerra in cui da numerosi anni di trova il paese e si raccontano le restrizioni delle libertà individuali sotto l’occupazione talebana
La scrittrice, Roberta Gately, realmente è stata volontaria in paesi in difficoltà tra cui, appunto, l’Afghanistan, per questo motivo mi sarei aspettata decisamente qualcosa di più dalla sua penna. Non parlo di stile narrativo, ma proprio di idee e contenuti. Romanzare una storia non dovrebbe equivalere a banalizzarla; c’è un limite a tutto.
Partendo poi dal presupposto che le parole sono importanti, mi domando quale parte del libro abbia convinto il Premio Pulitzer Mark Fritz a definire Gately una scrittrice di grande talento.
Il vero motivo per cui mi sento di non voler esprimere un giudizio totalmente negativo credo sia da ricercare nell’importanza del tema principale. L’Afghanistan, gli invasori, la condizione della donna, la tradizione, la cultura, la guerra, la morte.
Personalmente tendo a essere affascinata da tutti i libri che parlano dei Paesi nei quali le donne sono costrette dagli uomini a non poter scegliere. Forse è semplice curiosità, forse è sete di sapere, forse è il fastidio che nasce dall’immagine dell’imposizione del burqa o dal divieto di fare rumore quando si cammina, perché la donna deve essere invisibile. Ogni volta mi sembra di scoprire un qualcosa in più.
Non è un libro che consiglierei perché trai romanzi che trattano il tema c’è decisamente di meglio, ma non avrò la nausea al pensiero che decidiate di leggerlo. L’unico consiglio che mi sento di darvi è di non comprarlo, al massimo fatevelo prestare o prendetelo in biblioteca.

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